«Cerco di portare il pubblico nello spogliatoio con i giocatori». Usa questa immagine Paolo Cozzi per spiegare il suo approccio al suo nuovo ruolo di commentatore del volley. Non è facile far capire a chi è a casa lo stato d’animo di chi è in campo, certamente i campioni possono riuscirci meglio e non a caso Paolo, che campione nella pallavolo lo è stato per circa un ventennio, si è aggiudicato il premio “La Penna del Volley” che ogni anno la Fipav Milano Monza Lecco assegna ai rappresentanti dei media più attivi nella promozione di questo sport. Cozzi, ex centrale della nazionale italiana, ha iniziato la sua attività di commentatore con “Volley News” e quest’estate ha seguito le Olimpiadi di Tokyo come telecronista di Discovery+. La premiazione è avvenuta lo scorso 3 ottobre presso il Centro Pavesi FIPAV di Milano.
«Ho ricevuto - è il commento del vincitore - congratulazioni da tutta Italia, a conferma del fatto che questo riconoscimento ha rilevanza nazionale. Per me è una grande soddisfazione perché questo nuovo impegno è molto stimolante. Non ho la formazione del giornalista, ma avendo giocato posso immaginare le emozioni e le reazioni dei protagonisti. È un approccio diverso».
L’esperienza olimpica, benché “raccontata” dagli studi televisivi milanesi, è stata gratificante da tutti i punti di vista. «Per due settimane ho avuto gli orari completamente sfalsati dal fuso orario! Ma ne è valsa abbondantemente la pena. Ho vissuto due finali, una da giocatore nel 2004 e una adesso. Non sono in tanti ad avere avuto questo privilegio. Le Olimpiadi sono straordinarie, peccato per il Covid che quest’anno ha impedito di viverne appieno lo spirito. Io ricordo di essermi trovato a mangiare a fianco di Federer o degli americani della staffetta 4x100. Momenti indimenticabili». Più dimenticabile, invece, è stata l’Olimpiade azzurra della pallavolo. «C’erano margini per fare meglio, come dimostrano le successive vittorie agli Europei. Ma alle Olimpiadi pesano tanti fattori. Credo comunque che soprattutto la nazionale femminile, molto giovane, abbia un gran futuro davanti».
Anche Paolo è emerso giovanissimo. Cresciuto nelle file del Vittorio Veneto Milano (con cui ha anche chiuso la carriera), ha esordito con un’altra squadra cittadina (il Volley Gonzaga) per poi vivere altre esperienze importanti a Modena, Cuneo e Piacenza. In azzurro ha vinto due Europei e una medaglia d’argento alle Olimpiadi di Atene del 2004. «Io sono arrivato dopo rispetto alla “generazione di fenomeni” (Lucchetta, Bernardi, Zorzi, Giani), credo che qualcosa del loro insegnamento sia andato un po’ perso. In quell’epoca i grandi campioni erano di grande stimolo per i più giovani, ti facevano crescere anche in maniera traumatica. Ora le società si sono un po’ ammorbidite, puntano molto sul “gruppo unito” e attutiscono i conflitti. Ma i giovani vanno messi anche sotto pressione, si cresce anche così».
Il volley piace ancora ai giovani? «Da quello che posso osservare anche dalla clientela del mio negozio, la pallavolo resta ancora uno sport a netta maggioranza femminile. Tra le ragazze dai 12 ai 18 anni è nettamente il più praticato da ragazze. Però, rispetto ad altri sport, fa ancora fatica ad affermarsi. In un parco troverai i canestri per il basket, non la rete per la pallavolo. Gli sponsor si stanno avvicinando, ma per adesso è ancora un discorso che riguarda 5-6 giocatori, non tutto il sistema».
Paolo, 40 anni, è molto legato a Milano, città natale in cui è tornato a vivere in pianta stabile dopo tanto girovagare per l’Italia («non ho fatto l’allenatore proprio per non dover continuare a spostarmi»), ed è particolarmente radicato nel Municipio 8: qui vive con la famiglia e qui, in via Piero Della Francesca, ha creato un negozio di articoli sportivi. «È l’altra mia attività, altrettanto soddisfacente. È diventato un bel punto di ritrovo per tanti, non sono del mondo della pallavolo. Quasi un “bar dello sport” senza essere un bar».