Chi stamattina ha attraversato il Ponte della Ghisolfa ha avuto una sorpresa. E non c’è dubbio che per qualcuno in particolare, chi è solito percorrere quel cavalcavia tra Bovisa e Cagnola pedalando, si sia trattato di una sorpresa piacevole.
Una lunga striscia gialla, con tanto di simbolo della bici sull’asfalto. Insomma, la famosa pista ciclabile che da anni diversi gruppi di cittadini stanno chiedendo sembrerebbe essere diventata improvvisamente realtà.
Però è bene chiarire che si tratta di una pista “clandestina”, frutto di un’iniziativa spontanea che non a caso venne compiuta in questi stessi giorni anche l’anno scorso: un gravissimo incidente aveva appena colpito la giovane ciclista Beatrice Macrì, e questo anniversario è stato celebrato da alcuni attivisti con una azione che vuole ribadire l’intenzione di proseguire la battaglia.
Ovviamente non basta un colpo di pennello per realizzare una pista ciclabile. Il progetto vero, benché abbia già avuto un’approvazione istituzionale nel 2018, è ancora in fieri e non senza difficoltà. Ma proprio queste difficoltà hanno portato in questi mesi all’intensificarsi delle mobilitazioni: prima il presidio “Non vediamo l’ora”, organizzato lo scorso 28 aprile. Poi, un mese dopo, un monitoraggio che ha rilevato come il cavalcavia venga utilizzato ogni giorno da oltre 2600 persone tra pedoni e possessori di bici e monopattini. Numeri che dimostrerebbero l’utilità di una pista ciclabile.
Qual è stata nel frattempo la risposta delle istituzioni? Il progetto originario, quello che fu premiato dal bilancio partecipativo del Comune di Milano con un budget di 250mila euro, si è arenato per insufficienza dei fondi e questioni di sicurezza.
Proprio l’assessore alla Sicurezza Marco Granelli, parlandone lo scorso 13 giugno all’assemblea di prossimità della Bovisa, aveva spiegato come il ponte fosse troppo stretto nella parte centrale per consentire la realizzazione di una “ciclabile leggera” (ossia semplicemente disegnata sul terreno). Una situazione che ha reso necessario un intervento strutturale a cui l’assessorato alla Mobilità sta già lavorando, pur senza indicazione di date.
Ma l’iniziativa odierna dimostra che c’è chi ha fretta. «Continueremo a rifare questa ciclabile popolare finché il Comune non darà il via ai lavori, o perlomeno non smetterà di cancellare la nostra», è scritto nel manifesto di rivendicazione lasciato in loco, con tanto di dedica finale: «Per Bea e per chi pedalando qui è obbligato a rischiare la vita ogni giorno».
Beatrice Macrì, 27 anni, dopo l’incidente dell'anno scorso è rimasta in coma per due settimane e in pericolo di vita per un periodo più lungo. Oggi ha ripreso ad andare in bici ed è ovviamente felice dell’iniziativa fatta in suo onore. «Rivendico più che mai quel progetto - ci dice al telefono - e non mi convinceranno mai che sia impossibile».
Nel frattempo, la "sopresa" sta provocando un forte dibattito social con classica polarizzazione. Non mancano le voci critiche, sia per la modalità "abusiva" sia per la pericolosità che avrebbe questa estemporanea pista. Per ora non si sono registrati commenti da parte degli esponenti delle istituzioni, ma ci si aspetta che il Comune di Milano ripristini quanto prima la situazione ordinaria, esattamente come avvenne l'anno scorso.
Ma una differenza rispetto al passato c'è: la mobilitazione per questa battaglia è molto cresciuta e un passo indietro rispetto a un impegno già preso potrebbe essere per la giunta Sala un passaggio politico difficile da gestire.