"Quelli che ci hanno lasciato non sono assenti, sono invisibili, tengono i loro occhi pieni di gloria fissi nei nostri pieni di lacrime".
La frase di Sant’Agostino accompagna l’installazione che da oggi, per un anno, sarà visibile a tutti coloro che varcheranno l’atrio dell’Ospedale Niguarda. Un’opera commemorativa, dedicata alle vittime del Covid-19, che è stata voluta e finanziata dal Municipio 9 e inaugurata la mattina del 15 gennaio, alla presenza del presidente del Municipio Giuseppe Lardieri, del direttore generale della struttura ospedaliera Marco Bosio e di altre figure istituzionali.
Protagonisti di questo lavoro sono stati gli studenti e i docenti della Fondazione Mandelli – Rodari, da tempo radicata nel quartiere di Dergano con le sue scuole paritarie dell’infanzia, primaria e secondaria. La Fondazione si è infatti aggiudicata la realizzazione dell’opera, per decisione della commissione di esperti a cui il Municipio ha affidato la scelta finale. Il risultato è l’installazione “Sguardi”, che nasce da un progetto elaborato da quattro docenti di arte e tecnologia, partendo dai disegni che i ragazzi di terza media hanno realizzato durante il laboratorio di tecnologia nel mese di dicembre, al rientro a scuola dopo un mese di didattica a distanza. Su tre lastre di plexiglass trasparenti disposte su piani paralleli, sono stati scomposti e incisi i disegni di diversi occhi, che rappresentano gli sguardi di tutte le persone che abbiamo perduto a causa del virus. La già citata frase di San’Agostino, alla base della prima lastra, ci ammonisce che “non sono assenti, sono invisibili” e non a caso, grazie alla scomposizione dei disegni, gli occhi risultano inizialmente “invisibili” allo spettatore. Per ricomporre gli sguardi, cercandone i tratti nei diversi strati trasparenti, occorre trovare il punto di osservazione migliore.
«Abbiamo coinvolto i ragazzi di terza media – racconta Nicola De Bei, uno dei quattro docenti che hanno elaborato il progetto - perché già lavoravano sui ritratti. Abbiamo scelto il plexiglass perché ha a che fare con il nostro tempo. Lo incontriamo tutti i giorni come schermo divisorio. Qui è un elemento che unisce».
«Il plexiglass è trasparente – gli fa eco la docente Denise Marchiori – rappresenta l’anima, qualcosa che non possiamo toccare. Ci ricorda che c’è qualcosa di noi che appartiene a un infinito».
Cristina Perversi, un’altra dei quattro insegnanti protagonisti (l'ultima è Annachiara Lodi), confida una perplessità iniziale: «Temevo un effetto “lapide impolverata”. Poi, leggendo il bando, ho capito: è un’opera che parla alle persone che entrano ed escono da un ospedale in cui si ha a che fare con la vita e con la morte. È un’opera viva».
Sull’importanza di “incontrare lo sguardo di qualcun altro” hanno posto l’accento anche le studentesse e gli studenti che hanno realizzato l’opera. «Dopo i mesi difficili che abbiamo passato – ha commentato Benedetta – questa attività ci ha fatto sentire utili. Ci ha permesso di ricordare agli altri che ci siamo».
La rettrice delle scuole della Fondazione Mandelli-Rodari Maria Grazia Fertoli ha riservato complimenti sia agli studenti («Appena rientrati a scuola, si sono tuffati in questo progetto con pochissimo tempo a disposizione. Ma già da mesi lavoravano sulla rappresentazione del volto») che ai docenti («Per questo lavoro non occorre solo preparazione professionale ma anche, come in questo caso, grande capacità di creare legami con i ragazzi»).
Come detto, l’installazione resterà per un anno. Ma durante l’inaugurazione il presidente del Municipio ha espresso l’auspicio che l’opera possa restare più a lungo, al punto da consentire agli studenti coinvolti di poterla perfino mostrare ai figli e ricordare con orgoglio il loro impegno.«Nonostante la dolorosa battaglia contro il virus sia, purtroppo, ancora in essere – ha affermato Lardieri – riteniamo che questo memoriale, posizionato nel luogo simbolo del nostro Municipio nella lotta contro la pandemia, oltre a ricordare la fase più oscura vissuta dalla nostra gente, rappresenti il punto di partenza del cammino verso quella luce che stiamo intravedendo in fondo al tunnel».