È il classico vecchio cestino intrecciato, da usare per scambiarsi gli oggetti o anche solo per conservare il pane. Non a caso a Napoli lo chiamano “panaro”, e l’iniziativa da cui parte questa storia ha conquistato la ribalta col nome di “Panaro solidale”.
Ma a Dergano-Bovisa è nata un’altra esperienza che ha per protagonista la “cesta”, al femminile, e la scelta linguistica non è casuale. Perché se un’iniziativa è voluta e realizzata da un gruppo di donne, anche il linguaggio si adatta. Ecco allora “#CesteSospese”, con un doppio riferimento a Napoli: al panaro già citato, ma anche al celebre “caffè sospeso” che qualcuno al bar accetta di pagare a beneficio di qualcun altro, ignoto. Il concetto, ovviamente adattato al clima sociale di questi giorni, è lo stesso: si lascia in giro una cesta, piena di cose che a qualcun altro potrebbero servire, dagli alimentari ai prodotti di igiene personale. Chi può, arricchisce la cesta. Chi ha bisogno, e in questo periodo purtroppo è assai frequente, può servirsene in totale anonimato.
In pochissimo tempo sono state realizzate e diffuse nella zona ben 16 ceste. Sono riconoscibili dal logo dell’iniziativa, e una mappa su Google le ha localizzate. Tanto il logo quanto la mappa appartengono al lavoro svolto dal gruppo di persone che ha dato vita al progetto. Un gruppo di persone, come già detto, prettamente femminile (in realtà un uomo c’è!), animato da voglia di fare e rafforzato da anni di relazioni umane e sociali. L’elenco di persone coinvolte è davvero troppo lungo, più semplice citare le realtà che hanno costruito la rete di #cestesospese: Mamusca, Scighera, Armenia, Rob de Matt, CondiVivere Onlus. Una "azione collettiva, corale, sentita, affettuosa”, come la definisce la pagina Facebook di “Mamusca”. Ce la facciamo raccontare da Francesca Rendano, titolare della libreria-caffetteria di via Davanzati.
“Alcune di noi - spiega Francesca - avevano già il cestino, che in questo periodo è utilissimo per scambiarsi gli oggetti senza contatto personale. Lo usavamo per la pasta madre, per i limoni, addirittura per le spedizioni. A quel punto è nata l’idea, stimolata anche dall’esperienza del “Panaro solidale” a Napoli”.
È stato difficile metterla in pratica?
“Il processo è stato davvero bello, gratificante anche sul piano personale. Molte di noi, attive da anni sul territorio, erano già in contatto attraverso Whatsapp. L’idea ci ha da subito entusiasmato, mettendo in moto delle belle energie. Abbiamo lavorato in grande armonia”.
Quali sono stati i passaggi fondamentali?
“Abbiamo cominciato subito a scambiarci gli oggetti di cui c’era bisogno, come gli spaghi. Poi ci siamo distribuite i compiti: chi ha fatto la grafica, chi la mappa, chi ha tradotto in varie lingue il volantino, per coinvolgere le varie comunità del quartiere”.
Vi siete confrontate anche con le altre realtà sociali del quartiere?
“Sì, abbiamo parlato con le parrocchie e con le associazioni che si occupano di distribuzione del cibo, volevamo sapere di cosa la gente ha più bisogno in questo momento. Abbiamo fatto delle liste di prodotti: alimentari, assorbenti, pannolini”.
Che reazione state incontrando?
“L’esperienza si sta allargando. Anche perché non è necessario creare delle nuove ceste, chi vuole può anche arricchire quelle già esistenti, come stiamo invitando a fare. Facciamo nostro lo slogan “Chi può metta, chi non può prenda” che ha accompagnato l’esperienza napoletana a cui ci siamo ispirate”.
Quali saranno i prossimi passi?
“La nostra intenzione è quella di portare avanti un’iniziativa che sia innanzitutto concreta, utile. Però, non lo nascondiamo, ci piace anche l’effetto visivo, la presenza di queste ceste colorate per le strade di Dergano e Bovisa”.
Cosa fare per unirsi a questa esperienza?
“Chi vuole creare una cesta, con le stesse finalità, ovviamente può farlo anche per conto proprio. Se invece vuole unirsi a noi può scriverci, mandando una mail a info@mamusca.it. Gli invieremo il logo da attaccare alla cesta, e aggiorneremo la mappa”.