«A volte mi sembra di essere condannato a un ergastolo per la colpa di essere vittima». Queste amarissime parole appartengono a Paolo Dendena, figlio di Pietro, una delle vittime dell’attentato di Piazza Fontana del 12 dicembre del 1969. Oggi a rappresentare la seconda generazione ancora impegnata nel cercare verità e giustizia c’è Matteo Dendena, nipote di Pietro e vicepresidente dell'associazione “Vittime di piazza Fontana”. Matteo è stato uno dei tre protagonisti dell’incontro “I giovani e l’antifascismo” che si è tenuto presso il “Nuovo Armenia” di via Livigno in un giorno non casuale: il 9 maggio si celebra infatti il “Giorno della memoria” per le vittime del terrorismo e delle stragi.
Perché far incontrare i giovani e l’antifascismo? ANPI Dergano e Collettivo Bovisa, organizzatori dell’evento, hanno dato in apertura una risposta precisa: perché sono varie le forme di crimini e intolleranza verso gli altri che ancora adesso esistono o possono riproporsi. Dopo il saluto di Claudia Pinelli, la parola è passata ai tre giovani relatori.
Nannerel Fiano, ricercatrice alla Statale, è nipote di Nedo Fiano, ebreo sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz. Suo nonno, scrittore, si batté strenuamente, finché la salute glielo consentì, per custodire la memoria di ciò che aveva vissuto. Poi il testimone è passato ai suoi eredi. “La gente in strada era quella di sempre, nessuno si accorse del mio arresto”: così Nannerel ha ricordato le parole con cui il nonno descrisse l’indifferenza che regnava in quei giorni del 1944 in cui lui, appena diciottenne, assieme a tanti altri perdette la libertà. Nedo Fiano finì nel campo di concentramento di Fossoli, per poi essere deportato nel lager polacco.
Cecilia Fiacco, studentessa attiva nel gruppo di volontari “Studenti per l’Emergenza” che ha portato avanti iniziative di solidarietà nelle Zone 2 e 3, ha efficacemente fotografato (“Il fascista è un bullo”) il modo in cui una storia lontana può essere resa comprensibile anche ai bambini.
In Italia sono molte le associazioni che si battono per difendere i diritti delle famiglie colpite dalle stragi. Una situazione già di per sé esplicativa della difficoltà di ottenere giustizia in questo Paese. Ma Matteo Dendena, nel suo intervento, ha rimarcato le ulteriori umiliazioni che i familiari delle vittime si trovano a dover sopportare, dalle spese per seguire i processi in giro per l’Italia all’essere sospettati di essere in cerca di visibilità e carriera. Emblematica la frase che pronunciò sua zia Francesca Dendena, impegnata per oltre 40 anni nell’associazione dei familiari delle vittime di Piazza Fontana: “Vorrei avere qualcuno da poter perdonare”. Quando manca il diritto alla verità, viene meno perfino la possibilità di compiere un atto di generosità.
L’incontro è stato preceduto dalla visita guidata, sempre nell’area del “Nuovo Armenia”, della mostra “I giorni della Liberazione di Milano”. L’iniziativa ha avuto anche lo scopo di pubblicizzare il tesseramento all’ANPI – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.