Come ti è venuta l’idea di fabbricare le visiere protettive?
Io sono un appassionato di tecnologia. Ho comprato la stampante 3D molti mesi prima che scoppiasse il Covid-19 e, girando su vari forum, ho visto che molti stampatori o maker, che sono produttori o ingegneri che fanno questo lavoro, avevano iniziato a creare queste visiere.
Quante ne hai fabbricate in tutto?
Circa un centinaio.
Ma hai impiegato sei ore per la stampa per ognuna?
Inizialmente sì, poi ho modificato il progetto perché utilizzando una stampante non professionale ho dovuto migliorare la struttura, facendola diventare più semplice con un cerchietto sottile, cambiando in parte i disegni e sono riuscito a diminuire i tempi di stampa da sei ore a circa un’ora e mezza. A questa coroncina stampata occorre unire un foglio trasparente di acetilene che funge da vera e propria visiera protettiva.
Non hai mai pensato di produrre queste visiere per poi venderle per lavoro?
Il pensiero c’è stato però la macchina non è adatta per grandi produzioni. La mia stampante ci impiega un’ora e mezza e poi occorre pulire e smussare la visiera, ritagliarla ed infine metterla su un’altra macchina per togliere l’eccesso di plastica. In totale servono due ore di lavoro per ogni visiera. Il mio intento è stato quello di distribuirle ai commercianti della zona. Successivamente con il passaparola me le hanno chieste gli ospedali, le ambulanze e le forze dell’ordine. Per poterle vendere occorre una certificazione, mentre le mie sono state create proprio a livello hobbistico.
I negozianti ti chiedono ancora le visiere oppure no?
No, non più. Saranno un paio di mesi ormai, da quando siamo entrati nella fase 2, che siamo passati all’uso della mascherina. Nei negozi è sufficiente mantenere la distanza sociale di un metro. Inoltre, essendo in materiale plastico, in questa stagione col caldo o esposta al sole, potrebbe fare effetto specchio, producendo molto calore dando fastidio.
Rifaresti tutto ciò che hai fatto per i negozianti con le stesse modalità o cambieresti qualcosa e la miglioreresti?
No, rifarei tutto come l’ho fatto perché è stato un evolversi della situazione in base alle esigenze che si sono venire a creare. Non è stata una cosa pianificata, è partita da una situazione di emergenza e poi si è andata a pian piano modificando in base alle esigenze che si sono presentate giorno per giorno.
Rispetto ai dispositivi che si trovano su internet c’è qualche differenza?
No, non cambia nulla, solo che in quel momento di urgenza era difficile reperirle. La comunità degli stampatori infatti aveva chiesto di poterle stampare ed inviare alle grandi aziende che le avrebbero sterilizzate, tenute in pressione e certificate. Il materiale con cui sono costruite si chiama “pla” che è un materiale vegetale plastico prodotto da una pianta che in periodo Covid era, oltre che irreperibile, anche salito a prezzi inarrivabili, come del resto anche il costo del plexiglass e delle mascherine.
Una curiosità: ma tutto questo divulgare di visiere si è avuto grazie al passaparola?
C’è stato un exploit improvviso. Il fidanzato di una negoziante, che fa parte della Fondazione Contatto per l’aiuto ed il sostegno delle persone con malattie mentali sul territorio all’Ospedale di Niguarda, e che lavora in un’agenzia di stampa, è venuto a conoscenza della mia vicenda e quindi l’ha pubblicata e da lì c’è stata un’escalation. Da questa pagina ai vari quotidiani come il Corriere della Sera, la Repubblica e altre testate attingono le notizie più particolari delle piccole località. E da lì ho rilasciato interviste a Repubblica, a il Corriere della sera, a Canale 5 e Rai 1.
Con quale macchina o attrezzatura hai potuto unire l’acetilene a questa struttura?
Il foglio di acetato è stato disegnato e posto in un plotter da taglio che si chiama Silhouette che incide e rifinisce il foglio seguendone la sagoma della dima creata dalla stampante 3D. Anche questa è una macchina che già avevo in negozio in quanto nel mio lavoro mi capita di utilizzarla per fare decorazioni in 3D per le feste.
Gaia Alice Ronconi (12 anni)