Come è nata la sua passione per il giornalismo?
Sono nata e cresciuta a Milano, di origini romagnole sono sanguigna e passionale. Inizialmente volevo fare la storica documentarista. La passione per il giornalismo mi è venuta in seguito. Quando ero bambina, ero innamorata di Piero Angela e molto appassionata di scienze, di storia e di politica. Ho avuto la fortuna di essere portata a visitare musei; nella mia stanza non c’erano manifesti di cantanti ma delle cose di Eklè, Picasso e di politica, che effettivamente è la mia vera passione. Avevo una foto con un articolo del Corriere della Sera in cui Gorbaciov stringe la mano a Reagan nel 1987 con la didascalia “Ginevra Città della Pace”. Ho studiato al Liceo Classico Manzoni. Mio padre a mezzanotte mi toglieva i libri dalle mani, perché studiavo molto e facevo le ore piccole per approfondire. Tutti mi dicevano che sarei andata benissimo, invece ho avuto la sfortuna di avere una professoressa di latino, greco e italiano che mi aveva individuato come rivoluzionaria, sovversiva, solo per aver dichiarato che mi sarebbe piaciuto partecipare a una manifestazione contro l’Iraq e a quel punto, delusa, il mio rendimento è andato calando.
Che studi ha fatto?
Ho studiato giurisprudenza per due anni, ma in seguito mi sono appassionata a storia e a filosofia e ho cambiato facoltà. Mi appassionava fare ricerca storica con le fonti orali, andare dalle persone a raccogliere le loro storie. Ho lavorato a progetti molto interessanti, come il lavoro sulle “coree” in via Novara, le “baracche” degli anni 50 dove vivevano persone provenienti dal meridione d’Italia e che lavoravano nelle fabbriche. Terminati gli studi, ho scelto di fare la giornalista, iscrivendomi alla scuola di giornalismo in Cattolica.
Quali le sue esperienze di lavoro?
Ho lavorato in televisione alla trasmissione di inchieste giornalistiche L’elmo di Scipio, con Enrico De Aglio; in radio in un’agenzia radiofonica del Corriere della Sera con i notiziari radio brevi; un servizio televisivo sulla bandiera della pace su Rai 3 e trasmissioni di approfondimento per raccontare del mondo. Seguivo le primavere arabe, i movimenti di rivolta sociale e politica, le rivolte dei giovani, piazza Tahir, piazza Taksim, mi sarebbe piaciuto lavorare per Al Jazeera, o andare a Istanbul o in Marocco, fare una serie di scelte coraggiose e un po’ pericolose. Alla fine però mi sono licenziata e ho fondato il giornale Mixa, che riportava notizie delle varie comunità di stranieri che abitano a Milano, raccontando di loro e dei loro paesi di origine, in modo che tutti potessero conoscerli, cercando di stabilire insieme una convivenza civile.
A quali progetti sta pensando?
Mi prefiggo di salire sulla nave See Watch per seguire un soccorso in mare e so che ci vuole una preparazione psicologica per farlo. Quando sono diventata mamma, ho staccato dal mio lavoro di giornalista e ho aperto la libreria Libellula, in cui vendevo libri per bambini. Ho ripreso a fare la giornalista e nel contempo studierò per una seconda laurea o un dottorato, un master in diritti umani o politica economica.
Qual è il tema che pensa di trattare di più in questo periodo?
Mi sto occupando di violenza psicologica, economica e fisica sulle donne, e dei bambini strappati alle famiglie in maniera illegale e ingiusta. Mi piace molto anche la politica internazionale.
Ha visto che abbiamo parlato di Assange sul numero di gennaio di ABCJunior, cosa ne pensa?
Penso che Assange sia andato a toccare dei segreti importanti e che il potere, spesso corrotto, lo abbia perseguitato. Sono assolutamente d’accordo sul fatto che vada liberato. I governi da sempre hanno i segreti di Stato, sia correttamente che scorrettamente, e metterli a disposizione dei cittadini è un tema molto delicato, che può essere anche strumentalizzato.
Cosa significa essere giornalista?
Penso che non bisogna montarsi la testa. Secondo me la cosa più importante al mondo è avere senso critico e libertà di pensiero, non appartenere in maniera preconcetta e ideologica a un partito o a un credo religioso. Puoi anche avere in tasca una tessera, far parte di un gruppo, di un’associazione o altro, ma sempre devi ragionare con la tua testa. Se ti rendi conto che quello che gli altri fanno o pensano o dicono va contro la tua sensibilità o sono avversi ai tuoi valori, devi avere il coraggio di contrastarlo, di criticare e anche di allontanarti da loro. Con il potere bisogna scontrarsi, denunciare gli abusi, i furti, le discriminazioni e opporsi. Amo i lavori che ti permettono di usare gli occhi e la testa. Bisogna avere il coraggio di uscire, guardare, osservare per poi raccontare quello che si è visto e, anche se molto difficile, riuscire a farlo senza pregiudizi. Purtroppo il giornalismo italiano oggi è viziato da tutta una serie di pregiudizi, preconcetti ed anche di una mentalità un po’ inadeguata. I giornali per sopravvivere ha bisogno di vendere tante copie; gli scoop e i gossip, anche con mezze verità, sono molto richiesti dagli editori.
Qual è la cosa più bella e anche quella più brutta di essere giornalista secondo lei?
La più brutta è il potere. Per operare lo devi anche usare, ma non per arrivare a esso, bensì per riuscire a dare voce alle fasce deboli. I potenti vogliono plasmarti il cervello ed è molto più facile governare gente un po’ beota, che individui intelligenti e ribelli. È molto importante che le donne vadano al potere, per fare direttrici di giornali o occupare delle posizioni importanti, per essere ascoltate. Purtroppo il giornalismo è molto collegato al potere. La parte bella riguarda le esperienze che si vivono. Ricordo quando sono stata in un campo profughi con i ragazzini siriani e le loro famiglie: ho accettato come un regalo la bellezza e l’umanità che mi hanno regalato. Bello tra i riconoscimenti al mio mestiere che mi ha fatto molto piacere e un premio ricevuto direttamente da Giorgio Napolitano, Presidente Emerito della Repubblica, del quale sono orgogliosa.
Qual è il segreto per scrivere un buon articolo?
Leggere, leggere, guardare dei buoni documentari, scrivere e poi studiare. Studiare è bellissimo. Non puoi essere un bravo giornalista se non conosci la storia passata e contemporanea. È importante sapere cosa è successo prima e cosa sta succedendo ora. Sto programmando di presentare una mostra fotografica nelle scuole sul campo profughi di Lesbo, in cui sono stata nel 2018, dove i bambini vivono in una situazione pesante, nelle tende e nella scuola fatta di cartone, ma che si sono dimostrati entusiasti: è stata una grande soddisfazione aver ricevuto delle lettere bellissime da parte degli alunni della 5ª elementare della scuola Armando Diaz.