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Quartieri
La Casa Famiglia di via Faccio racconta il proprio impegno per conciliare la riapertura con la protezione degli anziani
La RSA al tempo del Covid: l’esperienza di Affori
Federico Russo | 28 settembre 2020

“Mi resterà sempre impressa l’immagine di una nostra ospite che accarezzava l’immagine della figlia sul tablet, quasi credendo che lei fosse davvero lì”. I mesi del lockdown sono stati duri (e talvolta tragici) in tante RSA, e anche la storia che viene da Affori lo conferma. Ce la racconta Giampaolo Boldori, psicologo, direttore di una struttura solo amministrativamente suddivisa tra “Casa Famiglia di Milano Affori” e “Casa Famiglia per Anziani di Milano” ma ben conosciuta nel quartiere come “la RSA di Affori”. La sede è in via Faccio, in una storica area industriale successivamente recuperata.

Una Residenza Sanitaria Assistenziale si occupa di soggetti fragili, proprio quelli che il Covid-19 ha colpito con maggior violenza. Il lockdown è (si spera definitivamente) alle spalle, ma anche il presente non è privo di difficoltà.
“La pandemia – spiega Boldori - ha modificato il nostro modus operandi. Prima eravamo una struttura aperta, per i tanti familiari che vivono nelle vicinanze era possibile trascorrere ogni giorno lungo tempo con i nostri ospiti. Ora ovviamente sono consentite solo visite brevi.  Cambiano anche le nostre attività interne: prima si facevano feste, si stava tutti insieme. Momenti ludici, ma anche attività come tombole e cruciverba, finalizzate a contrastare la regressione cognitiva presente in molti casi. Ora è più difficile creare momenti condivisi, gli ospiti devono restare nel loro piano di degenza. Ma i familiari capiscono i nostri sforzi e ci ringraziano. Vedono la fatica organizzativa che c’è dietro mezz’ora di incontro o venti minuti di videoconferenza”.

Nella RSA afforese, gestita dal gruppo iSenior, lavorano 120 persone, contando tutte le professionalità impiegate. Il numero massimo di ospiti, 149 in tempi a normali, ma attualmente è ridotto per la necessità di avere stanze libere per gli isolamenti. La struttura comprende anche un Centro Alzheimer (17 persone) e un Centro Diurno, attualmente sospeso, per gli anziani ancora abbastanza autosufficienti. Da luglio intanto è stato possibile tornare ad accogliere nuovi ospiti, dopo che l’emergenza aveva portato l’autorità sanitaria a disporre il blocco dei nuovi ingressi. Allo stato attuale, la rsa afforese dispone ancora di posti liberi per chi ne avesse necessità.
Intanto, il ritorno alla normalità richiede molte precauzioni. “Siamo molto rigorosi per quanto riguarda le norme di sicurezza. Facciamo tamponi, isoliamo, siamo attenti a ogni piccolo sintomo. Finora non abbiamo avuto alcun caso, ci sembra la conferma del fatto che stiamo lavorando al meglio”.
Ogni sforzo è finalizzato a non dover più rivivere la lunga fase del lockdown, memoria dolorosa e ancora fresca. “I nostri ospiti – racconta ancora Boldori – per 4 mesi non hanno potuto vedere i loro familiari. Una situazione che ha avuto anche i suoi risvolti clinici, dall’inappetenza alla svogliatezza. Anche per noi operatori è stata dura dal punto di vista psicologico, spesso ci siamo ritrovati a sostenerci a vicenda. Ma posso dire che qui il clima è molto familiare, forse favorito anche dal fatto che molti operatori e ospiti provengono da questa zona. C’è davvero tanta umanità nell’aria e lo considero il nostro maggior valore aggiunto”.

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